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La famiglia d’origine e la crescita del figlio.

La maggior parte degli studiosi tende a pensare che lo sviluppo si arresti dopo i 19 anni , ma Erikson valutava la cosa da una prospettiva differente, designando che i rapporti con la famiglia d'origine potessero essere classificati in 4 categorie e che proseguissero in fasi successive della vita.


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Possono esserci figli che con la famiglia d’origine hanno un atteggiamento iper- coinvolto ossia abitano con i genitori o nella stessa strada fanno le vacanze insieme o hanno bisogno di parlare con loro ogni giorno; questo tipo di persone non ha nessun altra vita sociale al di fuori della famiglia. I loro coniugi possono accettare volentieri tutto questo o irritarsi a seconda dei propri bisogni.


Un altro modello quello più comune considera in un contatto superficiale non personale dove vengono fatte visite la famiglia d'origine qualche volta all'anno per dovere.

Le persone che adottano questo comportamento di solito pensano di aver risolto in modo maturo i loro problemi con la famiglia di origine.


Un altro modello meno frequente ma con conseguenze più gravi è tipico di coloro che proclamano con orgoglio di essere veramente indipendenti perché hanno tagliato ogni legame con la famiglia di origine.

Queste persone non vedono mai genitori e nemmeno i fratelli o altri membri della famiglia; in quanto non ne sostengono la necessità affermano che è l'unico modo per conservare la propria salute mentale.


Infine c'è un modello più appropriato di rapporto con i genitori nell'età adulta e deriva dall'aver affermato un proprio sé all'interno della famiglia di origine prima di separarsene. Queste persone non hanno provato un bisogno disperato di stare con i genitori e nemmeno di allontanarsene; e attualmente non hanno nei loro confronti un eccessivo attaccamento né sentono il bisogno di un rabbioso distacco. Con i genitori hanno un rapporto meno da figli e più da adulti, sono ancora presenti un certo attaccamento e un senso del dovere ma non a demerito della famiglia attuale o dell'integrità del proprio sé.


Autonomia e realtà.

Nella famiglia trampolino di lancio diviene esplicito il meccanismo per il quale tutti hanno la necessità di essere accettati dalle persone intime, dall’altra, è parte delle spiegazione dello sviluppo della psicopatologia. L’uomo ha uno sviluppo più lento rispetto alle altre specie pertanto il legame di cura dei genitori e i sentimenti ad essi legati persistono per tutta la vita. Per ottenere l’approvazione dei genitori e il loro amore, il bambino è disposto a sacrificare l’identità del proprio io, accettando ruoli irrazionali, genitoriali, fare da capro espiatorio ecc.. piuttosto che rimanere soli ed essere estromessi. Anche gli adulti sacrificano la propria natura per poter salvare dalla pazzia un genitore o per poter diventare il tipo di persona che un genitore può amare.

Nessuno abbandona mai completamente il desiderio di esser amato e accettato dai genitori, però anche la spinta verso l’autonomia non può essere negata. Quindi quanto si deve a se stessi e quanto per gli altri?

Un risultato di questo dilemma è un conflitto umano vissuto da tutti: desiderio di essere un tutt'uno , parte dell’altro per coloro che si amano; ma poi sentirsi anche posseduti , legati, intrappolati e in procinto di perdere la propria personalità. Il prezzo che si paga per il furto del sé durante gli anni della crescita lascia il suo segno, dando luogo all'ambivalenza che tutti trovano di fronte a rapporti stretti.


Un modo per affrontare il dilemma potrebbe essere affrontare i propri genitori, liberando l’inconscio e l’emotività ad esso correlata. Ma spesso la paura di risvegliare vecchi sentimenti contrapposta al bisogno di appartenenza impediscono un confronto alla pari tra generazioni.

 
 
 

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